RITA ” Rendita Integrativa Temporanea Anticipata ” – Chiarimenti dalla COVIP

La COVIP – Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione – con propria circolare n. 4209 del 17.9.2020 , fornisce ulteriori chiarimenti in merito alla disciplina della ” Rendita Integrativa Temporanea Anticipata – RITA ” .

Primo Quesito

E’ possibile percepire la RITA da parte degli iscritti titolari di trattamenti pensionistici anticipati (ad es. “Pensione anticipata” “Pensione anticipata quota 100”, “Pensione anticipata Opzione donna”, “Pensione anticipata dei cc.dd. Lavoratori precoci”) o di anzianità, erogati dagli enti previdenziali di base ?

Rilevato che la RITA, in base all’art. 11, comma 4, del Decreto lgs.252/2005, è una modalità di erogazione della prestazione di previdenza complementare fino alla maturazione dei requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia nel sistema pensionistico obbligatorio e che la normativa non contiene un divieto di cumulo o un’espressa incompatibilità con il godimento di trattamenti pensionistici diversi dalla predetta pensione di vecchiaia, si ritiene che la RITA possa essere erogata anche qualora il beneficiario percepisca, al momento dell’istanza o nel corso di erogazione della RITA, pensioni di primo pilastro anticipate o di anzianità.

Secondo Quesito

Esiste la compatibilità della percezione della RITA con lo svolgimento, in tale periodo, di attività lavorativa di ogni tipologia, in Italia o all’estero (lavoro subordinato, autonomo, assunzione di cariche sociali ecc.) ?

Il requisito della cessazione dell’attività lavorativa, accompagnata, nel caso previsto dal comma 4-bis dell’art. 11, dall’inoccupazione superiore ai ventiquattro mesi, deve sussistere al momento della presentazione della domanda di accesso alla RITA, non essendo precluso all’aderente, in mancanza di una specifica norma che lo vieti, intraprendere successivamente un’attività lavorativa in qualsiasi forma.
E’, quindi, da ritenersi possibile lo svolgimento di attività lavorativa nel corso dell’erogazione della prestazione sotto forma di RITA.

Terzo Quesito

E’ possibile erogare la RITA in un’unica soluzione nei confronti degli aderenti prossimi al compimento dell’età anagrafica per conseguire la pensione di vecchiaia ?

Considerato che la norma è chiara nel prevedere che si tratta di un’erogazione periodica, si reputa che l’elemento della frazionabilità in rate sia un requisito imprescindibile. Pertanto, si ritiene che la RITA non possa essere concessa in tutti quei casi in cui a causa dell’immediata prossimità dell’età per il conseguimento della pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza, non sia possibile attuare un frazionamento in almeno due rate.

Quarto Quesito

Esiste la possibilità di eventuali versamenti contributivi nel corso di erogazione della RITA ?

In proposito, considerato che la normativa non prevede alcun limite in merito, sono da ritenersi consentiti versamenti contributivi che, nel caso di RITA parziale, andranno a incrementare il montante non utilizzato per l’erogazione della RITA, mentre in caso di RITA totale andranno a costituire un montante a sé stante nell’ambito del comparto opzionato per l’erogazione di tale prestazione, salvo diversa indicazione dell’iscritto.

Quinto Quesito

Quali sono le modalità di attestazione del requisito dell’inoccupazione, utile per la RITA decennale, di cui all’art. 11, comma 4-bis, del Decreto lgs. 252/2005 ?

Il quadro normativo di riferimento relativo agli stati di disoccupazione e inoccupazione è nel frattempo mutato rispetto alle disposizioni prese in considerazione dalla COVIP , in precedenza .


Infatti, in base all’art. 19, comma 1, del Decreto lgs. 150/2015 sono disoccupati “i soggetti privi di impiego che dichiarano, in forma telematica, al sistema informativo unitario delle politiche del lavoro di cui all’articolo 13, la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l’impiego.”.


Inoltre, l’art. 4, comma 15-quater, del Decreto-legge 4/2019 convertito, con modificazioni, dalla Legge 26/2019, prevede che: “Per le finalità di cui al presente decreto ed ad ogni altro fine, si considerano in stato di disoccupazione anche i lavoratori il cui reddito da lavoro dipendente o autonomo corrisponde a un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”.

L’ ANPAL, nella Circolare n. 1 del 23 luglio 2019, ha chiarito che il combinato disposto delle due norme comporta che sono considerati in “stato di disoccupazione”, i soggetti che rilasciano la Dichiarazione di immediata disponibilità (DID) e che, alternativamente, soddisfano uno dei seguenti requisiti:

  • non svolgono attività lavorativa sia di tipo subordinato che autonomo;
  • sono lavoratori il cui reddito da lavoro dipendente o autonomo corrisponde a un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’art. 13 del TUIR (DPR 917/1986).

Con Circolari n. 34 del 23 dicembre 2015 e n. 5090 del 4 aprile 2016 il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha precisato che la condizione di non occupazione di cui all’art. 19, comma 7 del Dlgs n. 150 del 2015, fa riferimento alle persone che non svolgono attività lavorativa, in forma subordinata, parasubordinata o autonoma ovvero a coloro che, pur svolgendo una tale attività, ne ricavino un reddito annuo inferiore al reddito minimo escluso da imposizione.

La differenza tra lo stato di disoccupazione e la condizione di inoccupazione consiste, quindi, ora nel rilascio o meno della DID da parte del soggetto che non svolge attività lavorativa (o il cui reddito da lavoro dipendente o autonomo corrisponde a un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’art. 13 del DPR 917/2016).

La differenza, peraltro, assume rilievo con riferimento alla modalità di attestazione dello stato di disoccupato e della condizione di non occupazione. Il soggetto in stato di disoccupazione può, infatti, dimostrare di aver presentato la DID o, in alternativa, ove il Fondo vi consenta, può presentare una dichiarazione sostituiva di certificazione, essendo lo stato di disoccupazione menzionato nell’art. 46 del DPR 445/2000 tra gli stati autocertificabili.
Viceversa, i soggetti in condizione di non occupazione che non intendono registrarsi come disoccupati potranno certificare la relativa condizione attraverso la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

Sesto Quesito

Come si accerta la sussistenza del requisito del raggiungimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza ?

Sul punto nulla osti alla possibilità che, laddove alla forma pensionistica complementare non sia nota l’età prevista nel regime obbligatorio per la pensione di vecchiaia, la stessa possa essere indicata da parte dell’aderente, attraverso una dichiarazione resa dallo stesso.

Settimo Quesito

Con riferimento, poi, alle locuzioni “entro i cinque anni successivi”, di cui all’art. 11, comma 4, del Decreto lgs. 252/2005, e “entro i dieci anni successivi”, di cui all’art. 11, comma 4-bis, del medesimo Decreto, si fa presente che per il relativo calcolo deve aversi riguardo al momento della richiesta della RITA.

Ottavo Quesito

Da ultimo, si ritiene opportuno fornire un chiarimento circa il requisito della “maturazione dei 5 anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, di cui all’art. 11, comma 2, del Decreto lgs. 252/2005”, richiamato nella Circolare COVIP n. 888 dell’8 febbraio 2018. Occorre, infatti, adesso tenere presenti le modifiche recate alla norma in parola dall’art. 1, comma 1, lett. a), del Decreto lgs. 88/2018, in tema di lavoratori che si spostano tra Stati membri dell’Unione europea. Laddove ricorrano le condizioni ivi previste sarà, quindi, sufficiente la maturazione di un periodo di 3 anni in luogo degli ordinari 5 anni.