NASpI e periodo di lavoro all’estero (Paese UE)

Si continua con l’attività legale applicata all’attività di Patronato con un altro importante parere del ns. Ufficio Legale del Patronato Enasc Naz.le, nella persona dell’Avv. Azzone Andrea, del Foro di Bari , in tema di mancato riconoscimento dei periodi di lavoro all’estero, con paese UE, ai fini del calcolo della durata della prestazione della Naspi.

L’Inps, nell’accogliere una domanda di disoccupazione Naspi, ha considerato, ai fini del calcolo della durata della prestazione, solo il periodo di lavoro dipendente svolto in Italia e non anche quello di lavoro dipendente svolto in Slovenia – Paese UE – dal 20/11/2015 al 11/10/2020.

Il ns. Legale precisa che, con la circolare n. 94 del 12/05/2015, l’Istituto Previdenziale, nel disciplinare la prestazione di disoccupazione Naspi, ha previsto che il lavoratore, per poter percepire la suddetta prestazione, oltre a versare in stato di disoccupazione, deve far valere almeno tredici settimane di contribuzione -contro la disoccupazione – nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione (punto 2.2 lett. b della circolare).

Ai fini del perfezionamento del requisito contributivo, l’Inps, al punto 2.2. lett. b della circolare, ha espressamente previsto che si considerano utili “… i periodi di lavoro all’estero in paesi comunitari o convenzionati ove sia prevista la possibilità di totalizzazione …”.

Quanto alla durata della prestazione, al punto 2.5 della circolare, è espressamente previsto che “ai fini del calcolo della durata della prestazione sono presi in considerazione solo i periodi di contribuzione presenti nel  quadriennio di osservazione come individuato secondi i criteri esposti al precedente paragrafo 2.2. b)”,  tra cui, appunto, anche i periodi di lavoro all’estero in paesi comunitari, come nel caso in esame. Orbene, alla domanda di disoccupazione, è stata allegata la documentazione attestante il periodo di lavoro svolto in un Paese comunitario (modello U1), dalla quale si evince, altresì, che lo stesso soddisfaceva anche il periodo minimo richiesto ai fini della totalizzazione dei periodi assicurativi (52 settimane).

Per cui, alla luce di quanto limpidamente previsto nella circolare n. 94/2015, l’Istituto Previdenziale nel calcolare la durata della prestazione di disoccupazione avrebbe dovuto considerare, oltre al periodo di lavoro svolto in Italia, anche il periodo di lavoro dipendente svolto in Slovenia. Pertanto, se l’Istituto Previdenziale avesse fatto corretta applicazione delle disposizioni dettate con la propria circolare, l’assistito avrebbe avuto diritto ad un periodo di disoccupazione maggiore rispetto ai 140 giorni riconosciuti.