Rivalutazioni pensioni anno 2023 e 2024 : in manovra le nuove fasce

Dal 2023, la legge di Bilancio modifica le fasce di importo e le aliquote di indicizzazione per la rivalutazione delle pensioni per il 2023 e 2024.

Per il 2023 la pensione minima (525,38 euro al mese) si rivaluta in via transitoria di 1,5 punti (salendo all’8,8%) arrivando a 571,6 euro (+46 euro rispetto ad oggi), per poi subire una perequazione di altri 2,7 punti nel 2024. Per le gli altri trattamenti si applicano diverse regole.

Le aliquote maggiorate si riferiscono dunque all’indice di rivalutazione stabilito con decreto MEF ogni anno, fissato nella misura del 7,3% sui trattamenti decorrenti dal prossimo gennaio prossimo. In base a quanto previsto dalla Legge di Bilancio, dunque le nuove fasce e aliquote si applicheranno per un biennio, ossia per le pensioni 2023 e 2024.

La rivalutazione ISTAT fissa, come detto, l’indice per la perequazione al 7,3%. Vuol dire che la pensione minima dovrebbe salire da 525 euro lordi al mese a 563 euro (+38 euro al mese), per complessivi 498 euro in un anno compresa la tredicesima, se non fosse che su questo interviene in via transitoria la Manovra, con ulteriori incrementi, seppur in via transitoria.

In dettaglio: le pensioni di importo pari o inferiore al trattamento minimo INPS, con riferimento al trattamento lordo in pagamento da gennaio 2023 a dicembre 2024 (compresa tredicesima) in via eccezionale sono rivalutate di 1,5 punti percentuali (+1,5%) per l’anno 2023 e di ulteriori 2,7 punti percentuali (+2,7%) per l’anno 2024. Questi aumenti si applicano rispetto alla pensione mensile spettante al 31 dicembre 2022.

Significa che, sommando la perequazioni piena al 7,3% a quella transitoria per il 2023 (1,5%), la pensione minima il prossimo anno sale a 570 euro nel 2023 arrivando a 585 euro nel 2024, ma sempre in via transitoria.

Ma questi incrementi sono infatti temporanei. Non a caso, gli incrementi non rilevano ai fini del superamento dei limiti reddituali per il riconoscimento di prestazioni legate al reddito.

Per le altre pensioni, la perequazione automatica per adeguamento all’inflazione segue il seguente schema a fasce di rivalutazione, prendendo a riferimento il  trattamento minimo (TM) attuale (525 euro lordi al mese):

  • fino a 4 volte il TM (2.100 euro lordi): 100% (aumento 7,3%)
  • fino a 5 volte il TM (2.625 euro): 80% (aumento 5,8%)
  • tra 5 e 6 volte il TM (tra 2.625 e 3.150 euro): 55% (aumento 4%)
  • tra 6 e 8 volte il TM (tra 3.150 e 4.200 euro): 50% (aumento 3,6%)
  • tra 8 e 10 volte il TM (tra 4.200 e 5.250): 40% (aumento 2,9%)
  • oltre 10 volte il TM (oltre 5.250 euro): 35% (aumento 2,5%)

In pratica, c’è un vantaggio per le pensioni minime e non ci sono variazioni fino a quattro volte il minimo, mentre si va a perdere per le pensioni più ricche di tale soglia.

Quindi, su una pensione di mille euro con la rivalutazione arriva a 1.073 euro, una pensione di 1.500 euro si rivaluta fino a 1610 euro al mese, una pensione di 2mila euro si rivaluta fino a 2.146 euro, una pensione di 2.500 euro si rivaluta fino a 2.645 euro; una pensione di 3mila euro si rivaluta fino a 3.120 euro; una pensione di 3.500 euro si rivaluta fino a 3.626 euro; una pensione di 4mila euro si rivaluta fino a 4.119 euro; una pensione di 5mila euro si rivaluta fino a 5.125 euro.