Colf e Badanti : Dimissioni volontarie durante la maternità ed effetti sulle ulteriori prestazioni (NASpI)

Importante parere del ns. Ufficio Legale del Patronato Enasc Naz.le, nella persona dell’Avv. Azzone, in merito alle dimissioni volontarie date da una assistita durante la maternità e gli effetti che le stesse possono avere sulle future richieste di prestazioni assistenziali, nella fattispecie la NASpI.

L’avv. Azzone precisa che com’è noto, l’art.54 del D.Lgs. n.151/01 vieta, disponendone la nullità, il licenziamento della lavoratrice durante il periodo di astensione dal lavoro per maternità fino al compimento di un anno di età del bambino. Tuttavia, il successivo art.62, nell’elencare le varie tutele sulla maternità applicabili al lavoro domestico, omette di richiamare quella sul divieto di licenziamento, lasciando così un vuoto normativo.

Tale omissione, non appare casuale, perché già nella vecchia normativa in materia di maternità (Legge n.1204/71), il divieto generale di licenziamento era espressamente escluso dall’ambito del lavoro domestico.

Infatti, rientra nella discrezionalità del Legislatore diversificare le tutele a seconda della specialità delle situazioni ed, in particolare, nel rapporto di lavoro domestico, l’imposizione al datore di lavoro dell’obbligo di non recedere, prolungato per ventuno mesi, costituirebbe un vincolo eccessivamente gravoso per una struttura familiare. Pertanto, il divieto di licenziamento di cui alla Legge n.1204/71 non è generalizzabile, perché sottintende un’organizzazione del lavoro capace di consentire l’allontanamento e la sostituzione per lunghi periodi della lavoratrice in gravidanza e in puerperio.

Quindi, per l’avv. Azzone, è possibile affermare che il divieto di licenziamento, per il personale domestico, opera solo per il periodo di maternità obbligatoria, ovvero dall’inizio della maternità e sino a 3 mesi dopo il parto.

Conseguentemente, le dimissioni volontarie per maternità (del tutto assimilabili al recesso per licenziamento) potranno essere rassegnate solo dall’inizio della maternità e sino a 3 mesi dopo il parto, secondo le modalità espressamente previste dalla legge in materia, ovvero attraverso la “convalida” da parte dell’ITL.

Pertanto, nel caso di specie, che è stato sottoposto all’attenzione della Direzione Naz.le del Patronato Enasc e di conseguenza all’attenzione dell’Ufficio Legale Naz.le, poiché il parto è avvenuto il 1° maggio 2021 e le dimissioni sono state rassegnate e “convalidate” presso l’ITL in data 19/11/2021 (con effetto dal 2/12/2021) appare evidente il superamento del termine di tre mesi sopra descritto, con impossibilità per l’interessata di avere i requisiti per poter accedere alla NASpI.